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Lo statuto Albertino e gli ebrei italiani
Dopo secoli di intolleranze e fortune alterne, con l’emanazione dello Statuto Albertino nel 1848, iniziano per gli ebrei italiani gli anni dell’emancipazione.
L’articolo 1 e l’articolo 24 dello Statuto Albertino stabiliscono che la differenza di culto non è ostacolo al godimento dei diritti politici e civili e all’ammissibilità alle cariche civili e militari.
La misura dell’efficacia dello statuto, la possiamo ritrovare nella figura del conte Zaccaria Ottolenghi. Zaccaria è un esponente di un’influente famiglia ebraica di Asti ed è amico e collaboratore del conte Camillo Benso di Cavour.
Come lui molti altri illustri ebrei italiani si faranno strada nella nuova società italiana.
In questi anni di grande fermento, gli ebrei italiani porranno sullo stesso piano il desiderio di emancipazione e l’impegno civile per l’unità nazionale.
Anche le personalità di grande rilievo, come Carlo Cattaneo in “Interdizioni israelitiche” del 1836 e Massimo d’Azeglio in “Sull’emancipazione civile degli Israeliti” del 1848, testimoniano con il loro scritti la lotta condotta contro il pregiudizio antiebraico nella nuova emergente società italiana.
Risorgimento e Unità d’Italia
Il Risorgimento Italiano rappresenta per gli ebrei l’opportunità di emancipazione e assimilazione nella popolazione italiana.
Di fatto l’assimilazione degli ebrei, nel nuovo Regno d’Italia, è parallela all’italianizzazione delle varie minoranze regionali e sul piano culturale essa è molto più rapida e precoce.
Gli ebrei italiani emancipati non si integrano a una comunità nazionale preesistente, come in Francia o in Germania, ma contribuiscono a costruirla.
In altri termini, la coscienza nazionale italiana nasce attraverso un processo di demarcazione positiva nei confronti degli ebrei, percepiti per lo più come elementi inclusivi dell’unità nazionale e non estranei alla comunità.
Molte sono le figure di ebrei italiani attive durante il Risorgimento, ricordiamo il senatore Isacco Artom segretario di Cavour o dei garibaldini Eugenio Guastalla ed Emilio Ravà.
Numerosi sono i giornalisti ebrei protagonisti nel Risorgimento: ad esempio Emilio Treves, Attilio Luzzatto e Cesare Parenzo.
Inizi del XX secolo e la prima guerra mondiale
Per il ruolo di primo piano svolto nel processo risorgimentale, gli ebrei italiani si trovarono a ricoprire le alte cariche dell’amministrazione del nuovo stato. Sidney Sonnino, di padre ebreo e di madre anglicana, è Presidente del Consiglio nel 1906 e nel 1909-1910, Luigi Luzzatti è presidente del Consiglio nel 1910-1911, Giuseppe Ottolenghi ministro della Guerra nel 1902-1903 e Ludovico Mortara, ricopre l’incarico di ministro di Grazia e Giustizia nel 1919.
Allo scoppio della prima guerra mondiale la comunità ebraica italiana è rappresentata da circa 35.000 persone su una popolazione totale di circa 38 milioni di abitanti. Gli ebrei impegnati nel conflitto sono oltre 5.000, metà dei quali ricoprono il grado di ufficiali. Molti saranno i caduti e gli ebrei decorati.
Gli ebrei italiani nel primo dopoguerra e l’era fascista
Negli anni ’20 e ’30 gli ebrei italiani sono ormai una presenza consolidata nella società italiana.
Tra le personalità più impegnate nella vita culturale del primo dopoguerra ci sono gli scrittori Italo Svevo e Carlo Levi,, il pittore Amedeo Modigliani, il poeta e critico letterario Angiolo Orvieto e lo scultore Arrigo Minerbi.
Fortissima è la presenza ebraica nell’Università e nella vita culturale italiana del primo Novecento.
In Italia il 7% dei professori universitari sono ebrei: una percentuale enorme, se rapportata al loro peso demografico1.
Tra loro ricordiamo il filologo Salomone Morpurgo, nominato nel 1905 direttore della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, il medico Salvatore Ottolenghi, il chimico Giorgio Errera, l’economista Achille Loria, il fisico Emilio Segrè, i matematici Vito Volterra, Salvatore Píncherle, Corrado Segre, Guido Fubini e Gino Fano, il giurista Angelo Sraffa, e molti altri ancora.
Fondamentale anche il contributo delle donne ebree, a cominciare da Ernestina Paper, prima donna nel 1877 a ricevere la laurea in medicina e Anna Foà entomologa, una delle prime donne a ottenere l’insegnamento di ruolo nell’Università italiana, da cui sarà espulsa nel 1938 in seguito alle leggi razziali fasciste.
Il primo dopoguerra è anche periodo della nascita del fascismo. Gli ebrei italiani, dinanzi all’ascesa del fascismo, reagisco in modo non uniforme a secondo del credo politico e/o al ceto sociale di appartenenza. La borghesia ebraica media e alta si schiera su posizioni non ostili o apertamente favorevoli al Fascismo.
Ebrei italiani che aderirono al fascismo
Tra i fascisti della prima ora ci sono diversi ebrei. Sono circa 350 i partecipanti alla marcia su Roma e ben 746 sono iscritti ai Fasci italiani di combattimento.
Aldo Finzi è uno di loro, nato ebreo prima di convertirsi al cattolicesimo durante gli anni Venti, è stato tra i protagonisti del celebre volo su Vienna guidato da Gabriele D’Annunzio nell’agosto 1918, diventerà sottosegretario agli Interni e membro del Gran Consiglio fascista per poi morire alle Fosse Ardeatine dopo l’adesione alla Resistenza.
Tra le figure femminili di rilievo del fascismo troviamo la critica d’arte Margherita Sarfatti: è nota nel panorama culturale internazionale del tempo e frequenta molti intellettuali ed artisti. La Sarfatti sarà l’amante del giovane Benito Mussolini e l’artefice della sua affermazione sociale.
Ebrei italiani antifascisti
Numerosi sono anche gli ebrei antifascisti. Da Claudio Treves a Vittorio Polacco, Lodovico Mortara, Eucardio Momigliano, Pio Donati, fino ai fratelli Rosselli, vittime dei sicari del regime nel 1937 a Parigi. Dei dodici professori universitari che osano rifiutare il giuramento di fedeltà al fascismo nel 1931, quattro sono ebrei: Giorgio Errera, Giorgio Levi della Vida, Vito Volterra e Fabio Luzzatto.
Distribuzione degli ebrei in Italia nel 1938.
Nel 1938, gli ebrei italiani, compresi quelli di Fiume annessa nel 1924, sono circa 48.000. Corrispondono a quasi l’1,1 per mille dell’intera popolazione italiana e sono circa il 3 per mille della popolazione ebraica mondiale2.
Quelli di nazionalità straniera sono passati, tra l’aprile 1931 e l’agosto 1938, dal 12 a oltre il 20 per cento del totale.
Nella pubblicazione del 20 ottobre 1938 de “La Difesa della Razza” vengono messi in rilievo le percentuali degli ebrei in alcune province e il numero crescente dei matrimoni misti fra ebrei e cattolici fino al 1936.
Presenza dei ebrei italiani nelle provincie
Le provincie con il maggior numero di italiani ebrei sono: Roma 12.799, Milano 10.219, Trieste 6.085, Torino 4.060, Livorno 2.332, Firenze 2.326, Venezia 2.189, Fiume 1.782, Ancona 1.031 e Bolzano 938.
Ma chi sono questi ebrei italiani e a che classi sociali appartengono?
I cittadini ebrei appartengono per la maggior parte alla media e alta borghesia italiana3.
Sono per lo più artigiani, commercianti, impiegati nel terzo settore, piccoli e grandi imprenditori, ma come visto sopra li ritroviamo anche nell’insegnamento, nella ricerca e nelle figure di pubblico rilievo.
Molti di loro non sono praticanti in senso stretto ed alcuni sono convertiti al cattolicesimo.
In Italia il numero dei matrimoni misti ebrei-non ebrei è più alto di ogni altra nazione europea, infatti i matrimoni omogenei rappresentano circa la metà del totale.
- Marie-Anne Matard-Bonucci, L’Italia fascista e la persecuzione degli ebrei, il Mulino, Bologna, 2008, p. 36-37 ↩︎
- Michele Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Einaudi, Torino, 2000, pp. 32-33. ↩︎
- Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi 1961 ↩︎